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mercoledì 15 settembre 2010

Perchè il film con la Marini ha vinto il Leone d'oro

Non è difficile capire le motivazioni che hanno condotto Tarantino e la sua giuria ad assegnare a Somewhere  il massimo riconoscimento previsto dal concorso. Il premio della giuria, così come quello per il miglior attore, è andato invece ad Essential Killing. Ad unire i due film la quasi mancanza di dialoghi e la lentezza.
Insomma il genere di film completamente opposto a quello tarantiniano, tutto battute formidabili e giochi di montaggio.

Ma è anche un cinema opposto a tutto ciò che il mondo audiovisivo oggi ci offre al cinema, in tv e in internet: spot, videoclip, trailer, anticipazioni, riassunti. Tutto in nome di un unico imperativo: velocità. Nell'era iper-frenetica in cui la Tv detta le proprie leggi, il monito di Tarantino & co è chiaro: disintossicatevi da tutto questo e tornate ad apprezzare il cinema per quello che era un tempo, ovvero il regno dell'immagine.

L'immagine dunque si è riappropriata del mezzo cinematografico e il cinema è tornato ad essere luogo di contemplazione visiva. Il tempo filmico si adegua a quello quotidiano. Liquidare Somewhere affermando che riesce a esprimere la noia del protagonista soltanto annoiandolo sarebbe impreciso. Nel suo lento incedere, che ripropone la vita quotidiana di un divo immobilizzato dalla propria apatia (interpretato da un perfetto Stephen Dorff) c'è il tentativo di portare lo spettatore sullo stesso piano del protagonista.  Gli sguardi di Dorff dicono molto di più di qualsiasi battuta. L'entrata in scena della figlia Cleo (sorprendente Elle Fanning) irradia lo schermo e la vita del protagonista di una luce difficilmente descrivibile in altro modo.

E a chi dice che nel film non succede nulla rispondo che succede fin troppo, perché l'ultima parte, quando Johnny finalmente agisce, è completamente inutile. Tutto era già stato suggerito prima. Per questo reputo  Sofia Coppola  migliore a mostrare piuttosto che a (de)scrivere.

Il cinema di questa regista italo-americana è dunque puro, semplice, intimista, una sorta di ritorno alle origini, quando l'immagine bastava a riempire uno schermo. Quando non c'era bisogno di salti temporali, di voci narranti, effetti speciali, montaggio forsennato e 3D.

Al momento della premiazione la regista ha citato la Nouvelle Vague come fonte di principale  ispirazione, affermazione che può apparire tanto scontata quanto pretenziosa, sentita già da qualsiasi altro regista. Eppure nel lavoro di Sofia Coppola l'influenza della corrente francese c'è davvero: in quel suo prediligere i tempi morti, i gesti quotidiani (retaggi del Neorealismo) e quell'intenzione di provocare lo spettatore medio. Ed ecco che Tarantino è anche lui un altro grande ammiratore della Nouvelle Vague, tanto da chiamare la sua casa di produzione Band Apart, dell'omonimo film di Godard.
E a proposito di Nouvelle vague: adieu Monsieur Chabrol!

1 commento:

  1. il guaio non sono le immagini o la lentezza, il guaio, ovviamente per la sottoscritta, e' il poco che quelle immagini dicono: quanto a originalita' la Coppola e' ben piu' rarefatta delle sue atmosfere! ;)

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