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domenica 26 settembre 2010

La diva Julia

MANGIA, PREGA, AMA (Eat, Pray, Love)
VOTO: 5

Da venti anni a questa parte ogni film con Julia Roberts diventa sempre un film di Julia Roberts. Poco importa il nome del regista o la storia: lei sorrideva e tutte le donne del mondo erano con lei.
È ancora così?

In parte sì: quando la Diva Julia sorride si dimenticano tutte le amenità a cui stiamo assistendo, ovvero un susseguirsi di filosofia spiccia da due soldi, banalità e stereotipi serviti con impressionante opulenza nei 140 minuti di questa pellicola. Siamo ritornati insomma di fronte alla classica commedia sentimentale alla Julia Roberts, non quella di Pretty Woman, ma a ciò che ne seguì.

TRAMA
40enne e ancora pretty woman, all'improvviso diventa una runaway bride, ma grazie al suo Monalisa smile tutti le dicono i love you. Eppure Liz è incapace di fare la propria scelta d'amore.
I motivi di tutto ciò non sono ben chiari.
Eppure la diva Julia  riesce a rendere positivo perfino un personaggio scialbo, antipatico e francamente stupido. Non me ne voglia Elizabeth Gilbert, autrice dell'omonimo romanzo autobiografico da cui il film è tratto, ma come descrivere altrimenti una donna che prima lascia il marito perché uno sciamano le ha predetto che uno dei suoi matrimoni sarà corto, poi si trasferisce subito da un nuovo fidanzato, quindi lo lascia per visitare l'Italia perché le piace troppo il suono delle parole Linguine Michelangelo Limoncello? E non aggiungo altro sul lungo capitolo dedicato all'Italia.

Julia Roberts riesce a rendere adorabile anche questa viziata ed immatura donna d'affari la cui crisi interiore alla fine non sembra che una capricciosa fuga di comodo.
Tuttavia la nostra eroina non esce del tutto indenne da una sceneggiatura imbarazzante che la obbliga a pronunciare battute terribili. Tralasciando le banalità turistiche dei tre luoghi che visita (l'Italia solo per mangiare, l'India per pregare e Bali per “amare”) il film annovera un catalogo dei peggiori errori delle commedie all'americana, stucchevole fotografia patinata compresa. Le belle musiche di Eddie Vedder e Neil Young non c'entrano e non aggiungono nulla. E pensare che alla regia c'è uno, Ryan Murphy, che finora si è fatto notare per serie Tv che hanno brillato per originalità e audacia (Nip/Tuck, Glee). Poco importa se pure qui è aiutato dalla fida collaboratrice Jennifer Salt, già cosceneggiatrice delle serie Tv citate. Il problema è il libro e/o il modo in cui viene trattato.

Dal modo in cui il film è stato accolto dalla critica e dal pubblico pare che alla fine il sorriso di Julia Roberts non convince più così tanto: negli Usa, dove l'accoppiata bestseller e attrice vivente più amata doveva essere garanzia di grande successo, il film non ha superato gli 80 milioni di incassi. E in Italia, dove la formula “diva vivente più amata in visita nel nostro paese” poteva fare faville, il film si è fatto superare addirittura da Mordimi, registrando risultati imbarazzanti se paragonati ai fasti di tanti suoi vecchi successi.

Insomma, quando il botteghino ti volta le spalle, è segno di voltargliele a sua volta. Anche per Julia è arrivato il tempo di non pensare più al box office, ma di arrischiarsi in prodotti più audaci, come Erin Brokovich o Closer, che finora sono gli unici suoi titoli che si potranno ricordare non per il successo al botteghino. A dire il vero ci aveva già provato l'anno scorso col non del tutto riuscito thriller Duplicity, anch'esso infarcito con tappa romana, ma il fiasco è stato catastrofico. Nessuno l'ha voluto sottilinerare, perchè tutti hanno ancora bisogno di avere la diva più amata al mondo.
 

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