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giovedì 25 novembre 2010

Fair Game: una grande occassione sprecata

                                                     FAIR GAME
                                           di Doug Liman, 2010

Che i critici americani a volte non siano affidabili l’avevo già intuito ogni volta che incoronavano Madonna come peggior attrice dell’anno. L’accoglienza di Fair Game-Caccia alla spia  ha confermato tale tesi.


Fair Game narra la storia vera dell’ex agente della CIA Valerie Plame e del marito ex ambasciatore Joseph Wilson e la sceneggiatura è tratta dalle loro rispettive autobiografie.

L’ex ambasciatore (interpretato da un sempre ammirevole Sean Penn) smentisce alcune notizie che fanno crollare le scuse adottate dagli Usa per attaccare l’Iraq: ovvero l’esistenza di un traffico di armi tra Africa e Iraq e il sospetto della fabbricazione di armi nucleari nel paese di Saddam Hussein. Per vendicarsi le alte sfere infangano il nome della moglie, irreprensibile agente della CIA (una Naomi Watts da applausi). I due lotteranno e vinceranno, dimostrando non solo di essere stati ingiustamente danneggiati dallo Stato, ma anche che lo Stato americano ha mentito ai propri cittadini per attaccare deliberatamente l’Iraq.

Un film di denuncia dai fini nobilissimi assegnato ad un regista, Doug Liman, abituato a tutt’altro registro (gli interessanti Go! - Una notte da dimenticare e Bourne Identity, e due scadenti blockbuster come Mr and Mrs Smith e Jumper). Un regista abituato a film adrenalici che si ritrova alle prese con un film politico che poteva assumere toni epici alla Milk (tanto per citare un altro film con Sean Penn) e che invece rimane incastrato tra il dramma familiare e quello politico senza trovare mai un equilibrio. Anzi: il film è diviso esattamente in due parti senza alcuna continuità. Nella prima si esplora la vita familiare dei due personaggi, in modo da posticipare sempre di più il nodo cruciale della storia. Dopo averla tirata troppo per le lunghe si arriva ad un ultima mezzora in cui arrivano perfino alcune scene mozzafiato, ma il problema è che giungono troppo tardi. Per un’ora abbondante il film gira a vuoto, preparando lo spettatore all’evento che esplode all’improvviso solo alla fine del film… Liman si rivela quindi del tutto incapace di gestire la materia scottante che si trova tra le mani e sembra privo di qualsiasi padronanza dei tempi filmici, lui che aveva fatto film che di non certo non mancavano di ritmo ed equilibrio. A questo si aggiunge una fotografia ai minimi sindacali e dialoghi troppo lunghi.

Eppure il New York Times ha affermato che" il film è piacevole durante la prima ora, per poi sprofondare in un melodramma senza senso", quando invece è esattamente il contrario!

Per non parlare del The Hollywood Reporter che lo ha definito uno dei migliori film di spionaggio di sempre. Ma qui non siamo nemmeno di fronte a un film di spionaggio!

Per fortuna la critica italiana la pensa diversamente e l’ha stroncato quasi all’unanimità.
Anche il pubblica ha ignorato il film, in Italia come negli USA dove ha ricevuto una distribuzione limitata.

Un vero peccato perché la storia andava diffusa e deve essere conosciuta e ricordata. Un’occasione sprecata. Purtroppo ci hanno rimesso anche i due lodevoli protagonisti a cui si deve l'unica nota positiva del film.

VOTO: 6-

1 commento:

  1. non mi ispira un granché, nonostante i sempre ottimi sean & naomi

    però incoronare madonna peggior attrice dell'anno è quasi tutti gli anni sacrosanto, perlomeno gli anni in cui fa un film :D

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