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lunedì 25 febbraio 2013

L'Oscar 2013 è quello dei bis e tris: secondo Oscar per Lee, Tarantino, Waltz e terzo per Daniel Day Lewis


Jennifer Lawrence, premio Oscar per migliore attrice protagonista, inciampa e sbatte il viso per terra in seguito alle maledizioni degli spettatori di buon senso



A parte gli interpreti protagonisti, gli Oscar 2013 sono stati piuttosto sensati, il che non è così scontato.
Dà grandi soddisfazioni vedere il superfavorito Lincoln vincere solo due delle 12 statuette a cui era stato nominato. Peccato che tra queste vi sia quella per miglior attore protagonista, scontata e annunciata: Daniel Day Lewis che diventa così il più grande attore della storia del cinema essendo l'unico ad aver vinto ben 3 statuette come protagonista. Francamente esagerato: non ne aveva bisogno per lanciare o confermare la sua carriera e non è stato così superlativo: la sua è la classica performance mimetica con cui si trasforma in Lincoln in modo professionale e accademico. 
Fuori luogo per altri motivi il premio a Jennifer Lawrence: innanzitutto perché non è nemmeno protagonista de Il lato positivo (era già successo con Kate Winslet per The Reader, ma il premio era meritatissimo per diversi motivi) e in secondo luogo perché è troppo giovane. La sua carriera è già lanciata, un Oscar rischia solo di montarle la testa. In terzo luogo, ed è l'aspetto più importante, non è straordinaria come l'86enne Emmanuelle Riva. Personalmente però avrei preferito vedere premiata l'incredibile ascesa di Jessica Chastain. Del resto la clamorosa e comica caduta della Lawrence mentre saliva per ricevere la statuetta, è stata una giusta punizione divina.
Felicissimo per la vittoria di Ang Lee per Vita di Pi, non solo perché sconfigge lo scontato superfavorito Spielberg, ma perché tra i cinque nominati, è quello che ha fatto indubbiamente il lavoro migliore. Per lui è il secondo Oscar vinto, meritato perché come dissi nella mia recensione "con questo film entra definitivamente nei grandi della storia del cinema, in quanto sempre più spesso riesce a rinnovare i generi e i personaggi che affronta: ha dato nuova linfa e spessore ai cappa e spada orientali,  ha reso i cowboy dei western degli eroi romantici e gay e infine ha dato un nuovo senso al 3D e ai film d'avventura".
Non sorprende l'Oscar al miglior film ad Argo, film evento della stagione che ha già vinto ogni premio possibile. Meritati anche gli altri due film che il film di Ben Affleck si è portato a casa: sceneggiatura non originale e montaggio.
E poi arriva Django: come pronosticato Christoph Waltz vince il suo secondo Oscar per la sua seconda collaborazione con Tarantino. Non era meglio candidare e premiare il collega DiCaprio che sta costruendo la storia del cinema invece che a un attore che brilla solo se diretto da Tarantino?
Quest'ultimo si è portato a casa il premio per la miglior sceneggiatura orginale, un po' a sorpresa, ma forse nemmeno troppo. Per Quentin Tarantino è il secondo Oscar: il problema è che il primo lo vinse con Pulp Fiction, col quale Django unchained non merita di essere affiancato.
Tre gli Oscar vinti da Les Miserables, dalla guadagnata statuetta di Anne Hathaway al missaggio sonoro e al trucco. Per Tom Hooper un altro clamoroso successo insomma.
L'unico altro film a portarsi a casa due statuette è Skyfall, per montaggio sonoro e canzone cantata da Adele. 
Rimasto con l'amaro in bocca Zero Dark Thirty che si deve accontentare dell'ex aqueo per il montaggio audio: probabilmente deve scontare la pena per i premi vinti dal sopravvalutato predecedente film di Katryn Bigelow.
Nell'animazione sconfitti ParaNorman e Frankenweenie, migliori di Brave-Ribelle.
Nei cortometraggi vince Curfew, l'unico per cui tifavo perché era l'unico che avevo visto.  

Di premi ne ho azzeccati 13 su 25, mentre 11 sono le categorie in cui hanno vinto coloro che tifavo.

-Miglior film
Argo 
-Miglior regista
Ang Lee (Vita di Pi)
-Miglior sceneggiatura originale
Quentin Tarantino (Django Unchained)
-Miglior sceneggiatura non originale
Chris Terrio (Argo)
-Migliore attore protagonista
Daniel Day-Lewis (Lincoln)
-Migliore attrice protagonista
Lawrence (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
-Migliore attore non protagonista
Christoph Waltz (Django Unchained)
-Migliore attrice non protagonista
Anne Hathaway (Les Miserables)
-Miglior film d’animazione
Ribelle – The Brave
-Migliore scenografia

Rick Carter, Jim Erickson; Peter T. Frank (Lincoln)
-Miglior fotografia
Claudio Miranda (Vita di Pi)
-Migliori costumi
Jacqueline Durran (Anna Karenina)
-Miglior documentario
Searching for Sugar Man

-Miglior documentario corto
Inocente

-Miglior montaggio
William Goldenberg (Argo)
-Miglior film straniero
Amour di Michael Haneke (Austria)
-Miglior colonna sonora originale
Mychael Danna (Vita di Pi)
-Miglior canzone originale
“Skyfall” Adele (Skyfall)
-Miglior trucco
Les Miserables
-Miglior cortometraggio
Curfew
Migliori effetti speciali
Vita di Pi
Miglior montaggio audio
Zero Dark Thirty
Skyfall

Miglior missaggio sonoro
Les Miserables

Miglior cortometraggio animato
Paperman
Miglior cortometraggio
Curfew

domenica 24 febbraio 2013

Arrivano gli Oscar: chi vincerà e chi vorrei che vincesse




Forse l’avrete già letto da qualche altra parte: stanotte ci saranno gli Oscar!
E visto che tutti dicono i loro verdetti, ecco che anch’io in unico post esprimo i miei.
I film sono disposti in ordine di personale gradimento, quindi il primo nome di ogni elenco è quello che vorrei vedere premiato, mentre il nome sottolineato è quello che secondo me vincerà.
Ricordo che il superfavorito è Lincoln con 12 nomination, segue Vita di Pi, con 11, ma il vero vincitore sarà Argo e Lincoln si dovrà accontentare di premi tecnici e miglior regia.

Miglior film
Vita di Pi : pura magia (mia recensione)

Argo : perfetto mix di impegno, storia, satira, tensione e intrattenimento (mia recensione)
Zero Dark Thirty: un film necessario
Django Unchained : Tarantino colpisce ancora! (mia recensione)
Il lato positivo : finalmente una commedia!
(mia recensione)
Re della terra selvaggia : pochi mezzi, qualche idea, troppi premi (mia recensione)
Amour ‘na palla mortale (mia recensione)
Les Misérables ‘na palle cantata
(mia recensione)
Lincoln – ‘na palla parlata (mia recensione)
Miglior regista
Ang Lee (Vita di Pi)
David O. Russell (Silver Linings Playbook)
Benh Zeitlin (Beasts of the Southern Wild)
Michael Haneke (Amour)
Steven Spielberg (Lincoln)


Miglior sceneggiatura originale
Mark Boal (Zero Dark Thirty)
Quentin Tarantino (Django Unchained)
Wes Anderson e Roman Coppola (Moonrise Kingdom: mia recensione)
John Gatins (Flight)
Michael Haneke (Amour)

Miglior sceneggiatura non originale
Chris Terrio (Argo)
David O. Russell (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
David Magee (Vita di Pi)
Benh Zeitlin (Beasts of the Southern Wild)
Lucy Alibar, Tony Kushner (Lincoln)
Migliore attore protagonista
Bradley Cooper (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
Daniel Day-Lewis (Lincoln)
Hugh Jackman (Les Miserables)
Denzel Washington (Flight)
Joaquin Phoenix (The Master: mia recensione)

Migliore attrice protagonista
Jessica Chastain (Zero Dark Thirty)
Emmanuele Riva (Amour)Jennifer
Lawrence (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
Naomi Watts (The Impossible)
Quvenzhané Wallis (Beasts of the Southern Wild)

Migliore attore non protagonista
Phillip Seymour Hoffman (The Master)
Christoph Waltz (Django Unchained)
Alan Arkin (Argo)
Robert De Niro (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
Tommy Lee Jones (Lincoln)
Migliore attrice non protagonista Anne Hathaway (Les Miserables)
Helen Hunt (The Sessions)
Amy Adams (The Master)
Jacki Weaver (Silver Linings Playbook)
Sally Field (Lincoln)

Miglior film d’animazione Frankenweenie (mia recensione)
Ribelle – The Brave (mia recensione)
ParaNorman (mia recensione)
Ralph Spaccatutto
The Pirates! Band of Misfits

Migliore scenografia
Sarah Greenwood and Katie Spencer (Anna Karenina)
Dan Hennah, Ra Vincent e Simon Bright (Lo Hobbit)
Eve Stewart (Les Miserables)
David Gropman, Anna Pinnock (Vita di Pi)
Rick Carter, Jim Erickson & Peter T. Frank (Lincoln)
Miglior fotografia
Claudio Miranda (Vita di Pi)
Seamus McGarvey (Anna Karenina)
Robert Richardson (Django Unchained)
Roger Deakins (Skyfall)
Janusz Kaminski (Lincoln) Migliori costumi
Jacqueline Durran (Anna Karenina)
Eiko Ishioka (Biancaneve – Mirror Mirror)
Paco Delgado (Les Miserables)
Joanna Johnston (Lincoln)
Colleen Atwood (Snow White and the Huntsman)

Miglior documentario
5 Broken Cameras
The Gatekeepers
How to Survive a Plague
The Invisible War
Searching for Sugar Man

Miglior documentario corto
Redemption
Kings Point
Mondays at Racine
Open Heart
Inocente

Miglior montaggio William Goldenberg (Argo)
Dylan Tichenor and William Goldenberg (Zero Dark Thirty)
Tim Squyres (Vita di Pi)
Jay Cassidy & Crispin Struthers (Il lato positivo – Silver Linings Playbook)
Michael Kahn (Lincoln)
Miglior film straniero A Royal Affair di Nikolaj Arcel (Danimarca) Amour di Michael Haneke (Austria)
No di Pablo Larraín (Cile)
War Witch di Kim Nguyen (Canada) Kon-Tiki di Joachim Rønning, Espen Sandberg (Norvegia)
Miglior colonna sonora originale
Dario Marianelli (Anna Karenina)
Mychael Danna (Vita di Pi)
Alexandre Desplat (Argo)
Thomas Newman (Skyfall)
John Williams (Lincoln)

Miglior canzone originale
Everybody needs a best friend” Walter Murphy, Seth MacFarlane (Ted)
“Pi’s Lullaby” Mychael Danna, Bombay Jayashri (Vita di Pi)
“Skyfall” Adele (Skyfall)
“Before my time” J. Ralph (Chasing Eyes)
“Suddenly” Hugh Jackman (Les Miserables)

Miglior trucco Les Miserables
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato
Hitchcock


Miglior cortometraggio
Curfew
Buzkashi Boys
Asad
Death of a Shadow
Henry

Migliori effetti speciali
Vita di Pi
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato
The Avengers
Prometheus
Snow White and the Huntsman

Miglior montaggio audio
Zero Dark Thirty
Django Unchained
Argo
Vita di Pi
Skyfall

Miglior missaggio sonoro
Vita di Pi
Les Miserables Argo
Lincoln
Skyfall

Miglior cortometraggio animato Paperman
Adam and Dog
Fresh Guacamole
Head over Heels
Maggie Simpson in “The Longest Daycare”
Miglior cortometraggio
Asad
Buzkashi Boys
Curfew
Death of a Shadow
Henry



venerdì 22 febbraio 2013

Re della terra selvaggia

RE DELLA TERRA SELVAGGIA
(Beasts of the Southern Wild)
di Benh Zeitlin
con Quvenzhané Wallis e Dwight Henry
 CANDIDATO A 4 PREMI OSCAR
Se ti piace guarda anche: Vita di Pi

TRAMA
Hushpuppy è una bambina che vive col padre (spesso assente, iroso e malato) in un villaggio fatiscente ai margini del mondo civilizzato, che si trova dall'altra parte di una diga. A scuola le insegnano come affrontare il giorno in cui l'acqua tornerà a sommergere le loro terre. Quando ciò avverrà, Hushpuppy si dimostrerà all'altezza del compito.
RECENSIONE
Piccolo film di una piccola storia di formazione in cui una giovane bambina, a dire il vero già indipendente, riesce ad affrontare il mondo là fuori, fatto di mostri preistorici ritornati in vita e di dolori familiari che saprà gestire con grande coraggio.
Con pochissimi mezzi il giovanissimo (classe 1982!) esordiente Benh Zeitlin, ha adattato un testo teatrale di Lucy Alibar, Juicy and Delicious: il risultato è un film appunto delizioso, che traspira entusiasmo e dimostra che anche con poche risorese si possono fare film dignitosi.
Il cast è composto da due straordinari protagonisti improvvisati, Quvenzhané Wallis, sei anni ai tempi delle riprese e più giovane candidata all'Oscar, e Dwight Henry, nel film  padre della bmabina e nella vita fornaio: entrambi ci mostrano quanto può essere sottile il confine tra professionalità e improvvisazione. 
Poi c'è la musica, composta dallo stesso regista e Dan Romer, che è una delle colonne sonore più belle della stagione.
Ma al di là di attori e musiche stupefacenti, il film non offre molto altro: è una bella favola, certo, edificante, ma come ogni favola la storia è esile e poteva essere raccontata in meno di quei 90 minuti che pur non essendo molti alla fine si fanno sentire a causa di una certa ridondanza o gratuità di alcune scene.
Un film fresco e diverso, che però non merita tutti i premi che ha vinto. 
VOTO: 7

giovedì 21 febbraio 2013

La vita è una battaglia persa per combattere il proprio padrone



THE MASTER
di Paul Thomas Anderson
USA, 2012
con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern.
 
Se ti piace guarda anche: Il Petoliere, Cloud Atlas 
CANDIDATO A 3 PREMI OSCAR
VINCITORE DELLA PALMA D'ARGENTO E DELLA COPPA VOLPI PER MIGLIOR ATTORE AL FESTIVAL DI VENEZIA 2012
TRAMA

Un reduce di guerra con turbe psichiche ereditate dalla madre incontra per caso un predicatore che gli si affeziona e vuole aiutarlo.

RECENSIONE

Paul Thomas Anderson con questa pellicola vagamente ispirata al fondatore di Scientology è riuscito ad allontanare da sé il pubblico (grande fallimento commerciale), una buona fetta di futuri collaboratori seguaci della dottrina e, soprattutto, è riuscito a mettere in discussione lo status di più grande regista della sua generazione.

A quattro anni da quel capolavoro che fu Il Petroliere le aspettative per la nuova opera del regista di Magnolia era altissime e sono state amaramente deluse.

Anderson si conferma grande nel dirigere gli attori (candidati all’Oscar i tre interpreti principali) e a scegliere i collaboratori tecnici, ma è da bocciare senza riserve come sceneggiatore.

Dispersivo, compiaciuto, irritante, perfino confuso e incapace di arrivare al nocciolo.

E pensare che le premesse erano geniali: proporre sullo schermo un’altra pagina di storia americana attraverso il rapporto tra due uomini, lasciando l’Ottocento dei petrolieri e predicatori per arrivare a metà del secolo successivo, quello delle grandi conflitti mondiali, per presentarci un altro predicatore e un reduce di una di quelle guerra.

E se il personaggio del falso profeta interpretato da Hoffman lascia il segno, seducendo e disgustando al punto giusto, quello del protagonista schizofrenico non convince affatto.

Come in ogni film del regista, la musica riveste un ruolo importante nella caratterizzazione di atmosfere e personaggi: tale compito è affidato ancora una volta a Jonny Greenwood dei Radiohead, che dopo Il Petroliere, compone un’altra colonna sonora magnifica.

Ma non bastano belle musiche, bella fotografia e bravi attori: il film, dopo la visione, si chiude su stesso e si dimentica in fretta, senza lasciare allo spettatore alcuna emozione o riflessione.

VOTO: 6,5

lunedì 11 febbraio 2013

Il lato positivo, la commedia agrodolce che ha incantato la critica



IL LATO POSITIVO
(SILVER LINING PLAYING)
di David O. Russel
Usa, 2012
con Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jackie Weaver, Chris Tucker, Julia Stiles
USCITA ITALIANA: 7 MARZO
Se ti piace guarda anche: Rachel sta per sposarsi, Pieces of April, La mia vita a Garden State,

TRAMA

Pat esce da un ospedale psichiatrico dove è stato in cura otto mesi per disturbo bipolare ed è accolto dai genitori. L’unico scopo della sua vita è riconquistare la moglie Nikki, un’impresa in cui lo aiuterà la giovane vedova Tiffany, non meno problematica di lui.

RECENSIONE

L’adattamento del romanzo di Matthew Quick L’orlo argenteo delle nuvole è la classica pellicola indie americana da festival: toni agrodolci, periferia americana, personaggi sopra le righe, dramma scatenante, colonna sonora carina..

Presentata a Toronto, questa pellicola di David O. Russel sta conquistando tutti ricevendo nomination a ogni premiazione che si rispetti, con Jennifer Lawrence già vincitrice di due riconoscimenti grazie alla sua brillante interpretazione di ragazza “scoppiata”. Al suo fianco un tris di attori tutti nominati all’Oscar: Bradley Cooper alle prese con un ruolo maturo e la coppia di genitori interpretati da Jackie Weaver e Robert de Niro che è nominato all’Oscar a ventun anni da Cape Fear- Promontorio della paura.

Personaggi ben descritti, una raffica di dialoghi, spesso urlati, montaggio impeccabile: una commedia romantica molto anticonvenzionale che si fa amare col passare dei minuti, come i propri scombinati personaggi.

VOTO: 7,5

venerdì 8 febbraio 2013

Lincoln: il perfetto film accademico che può piacere solo ai giurati degli Academy

LINCOLN
di Steven Spielberg,
USA, 2012
con Daniel Day-Lewis, Tommy Lee Jones, Sally Field, Lee Pace, Joseph Gordon-Levitt, James Spader, David Strathairn

Se ti piace guarda anche: Frost/Nixon: il duello, Django Unchained.
TRAMA
Abraham Lincoln è stato rieletto Presidente degli Stati Uniti d’America, ma il suo paese è da 4 anni in guerra. Per fermare la guerra che divide le due fazioni americane in guerra, vuole ratificare un emendamento che abolisce la schiavitù anche negli Stati del Sud.
RECENSIONE
Steven Spielberg, re di quel cinema spettacolare di Hollywood esploso a finire degli anni ’70, dopo averci fatto sognare con extraterrestri gentili, spaventare con squali feroci, stupirci con dinosauri, coinvolgerci nella saga d’avventura più celebre della storia, straziarci col suo racconto sull’Olocausto, ora vuol insegnarci un capitolo fondamentale di storia americana servendosi soltanto del dialogo, mezzo che nei suoi celeberrimi film non è mai stato cruciale. 
 

Perché il cinema di Spielberg non era mai di battute, bensì di immagini. Dunque il regista ora sfida se stesso osando laddove non aveva mai osato e con l'aiuto del drammaturgo Tony Kushner (Angels in America) tenta l’ennesima sfida della sua carriera, perdendola.
Perché Lincoln vorrebbe mostrare il potere persuasivo della parola ma non ci riesce: un esempio di ottima orazione politica al cinema era Frost/Nixon: il duello. Anche in tal caso il film era interamente dialogato, ma i dialoghi colpivano lo spettatore, senza lasciargli tregua: qui invece sortiscono l’effetto contrario, allontanando e assopendo lo sventurato spettatore.
Ma Spielberg azzarda anche a livello tematico: smitizza in parte l’immagine dell’eroe nazionale Lincoln dipingendolo come una figura ambigua e succube della moglie, peccato che il tutto sia raccontato in modo troppo tedioso da risultare accattivante.
Nemmeno come film divulgativo può essere promosso perché è tutto fuorché un film da mostrare nelle scuole americane, visto che Spielberg spiega che una delle tappe più importanti della politica americana fu raggiunta con l’inganno e con la corruzione.
Che la politica sia basata spesso su compromessi morablmente discutibili è risaputo, ma in un periodo di tale sfiducia politica, mi auguravo di vedere un film in cui gli ideali di lealtà e libertà venissero esaltati come solitamente avviene in ogni rassicurante produzione hollywoodiana che si rispetti.

Lincoln resta un esemplare saggio di cinema accademico, compiaciuto e privo di emozioni, che riesce nel difficile compito di fare un film politico che non comunica né carisma né ideali, ma aderisce perfettamente, nella forma e nel contenuto, alla propria ragione d’essere: i fini giustificano sempre i mezzi. Spielberg ha diretto il film per arrivare agli Oscar, così come il suo Lincoln ha voluto il XIII emendamento per mettere fine alla guerra.

VOTO: 6

P.s. Evitate l’osceno doppiaggio italiano

mercoledì 6 febbraio 2013

Saltiamo sulle barricate e ribelliamoci allo strapotere di Tom Hooper



LES MISERABLES,
di Tom Hooper,
USA/UK, 2012
con Hugh Jackman, Russell Crowe, Anne Hathaway, Amanda Seyfried, Eddie Redmayne, Samantha Barks, Sacha Baron Cohen, Helena Bonham Carter, Aaron Tveit
 
Se ti piace guarda anche: Sweeney Todd, Mamma mia!, Oliver!


TRAMA SEMISERIA

Wolverine, sporco e invecchiato, senza artigli e senza muscoli, è un galeotto che viene liberato sotto lo sguardo severo del Gladiatore.

Passano sette anni, Wolverine da straccione e ladro è diventato sindaco di una città (non fa una piega), ma ecco che il Gladiatore si ripresenta alla sua porta, ragione per cui Wolverine-sindaco ma anche capo di un’azienda (?) in cui lavorano donnacce crudeli e sull’orlo di una crisi di nervi, non nota che una delle sue operaie viene brutalmente licenziata.

Si tratta di Catwoman, povera madre single che ritrovatasi senza lavoro, nell’arco di qualche ora si ritrova a vendere gioielli, capelli e ****, finché i suoi miagolii disperati non attirano il lupo che c’è in Wolverine. Ovviamente dopo aver sentito Jackman cantare la povera micina schiatta e Wolverine comprerà sua figlia che incontra passeggiando in un bosco.

La ragazzina, che si chiama Cosette, è stata allevata da Borat che per anni l’ha costretta a spazzare con il suo scomodissimo costumino da bagno verde. E chi è la moglie di Borat? La tritacarne di Sweeney Todd, direttamente dal film e dal talamo di Tim Burton.

Passano altri otto anni e Wolverine è sempre più giovane: ha una quindicina di anni in più rispetto alla prima scena, ma i truccatori l’hanno reso di una decina d’anni più giovane e a questo punto suggerirei quindi un Oscar anche ai truccatori. Che cosa ha fatto in questi 8 anni Wolverine? Non lo sappiamo, ma a un certo punto appare 'sta cosetta che ha gli occhioni grandi di Amanda Seyfried e tutti pensiamo a un’unica cosa: comincerà a cantare Mamma mia!. o Dancing Queen. Sta a vedere che Hooper ha voluto mischiare questi due musical inglesi strafamosi e fare una cosa fighissima e super Camp!

Wolverine Waljean all'inizio del film, verosimilmente 40enne visto che ha scontato 18 anni per aver rubato un pezzo di pane
Tranquillizzatevi, stiamo parlando di Hooper: la cosetta intona una lagna improponibile e si innamora dopo aver visto per un secondo l’ometto rossiccio (che si chiama proprio Redmayne) ossessionato da Marilyn.

Ma Tom Hooper è un regista in gamba ed evita ogni riferimento a Marilyn, scansando per la seconda volta l’anacronismo storico e anzi, decide di dare un tocco giovane al film e di inserire pure il tipo di Gossip Girl che fa la parte del grillino incavolato che poco prima di morire vuole ricreare la copertina del penultimo album dei Coldplay.

Ecco che però queste atmosfere ‘giovani vengono presto guastate da Wolverine che torna a cantare, prima di fare la fine che si merita – ovvero sprofondare nella mer**a. Però purtroppo non è ancora finita, perché il buon Wolverine, anche se ricoperto di escrementi, continua a cantare.. Quando finalmente muore, dopo aver ucciso ormai tutti gli spettatori con i suoi latrati, ecco che Tom Hooper ha un’altra brillante idea: mostrarcelo come fantasma per fargli cantare ancora qualche verso. 
Wolverine-Waljean quindici anni dopo, verosimilmente all'età di 55 anni circa
RECENSIONE DA SPETTATORE

Tom Hooper è il regista che è riuscito a farsi odiare da qualsiasi cinefilo e appassionato di cinema per aver battuto, agli Oscar del 2011, Darren Aronofsky e David Fincher nella categoria di miglior regista e tre film epocali come Inception, The Social Network e Il Cigno Nero grazie al suo film Il discorso del re, senza contare il premio per la sceneggiatura, per gli Academy migliore di quella di Inception, film tutto sommato banale, noioso e antiquato se paragonato alla genialità, all’inventiva, e alla novità racchiuse nel suddetto Il Discordo del Re.



Non contento e inorgoglito di questa pioggia di inaspettati premi, Hooper si è lanciato nella trasposizione di uno dei musical londinesi di maggior successo, Les Miserables, operazione in cui il rischio di risultare ridondanti, enfatici e fuori tempo massimo era altissimo.

Hooper non è riuscito a evitare nessuno dei tre rischi, e nonostante abbia avuto la gentilezza di accorciare notevolmente la durata del musical teatrale (che a quanto pare dura diversi mesi, ragione che spiega perché è in scena da tanti anni) pur rimanendo fedelissimo (ha eliminato solo due canzoni e ha ridotto la durate di quelle presenti) è riuscito comunque a creare un film eccessivamente lungo, in cui compaiono 50 canzoni, una più triste e deprimente dell’altra, ad accezione di Do you hear the people sing?, che offre uno dei momenti più emozionanti del film, in cui gli ideali politici prendono il sopravvento sulla compilation di casi umani che la storia mette in scena.



Particolarmente deprimente è l’ascolto di Hugh Jackman, del cui Valjean ho implorato la morte 100 minuti prima della fine del film, motivo che ha trasformato la visione in un doloroso countdown. Apprendo con sgomento che per lui è stata perfino inserita nel film una canzone nuova di zecca, Suddenly, assente nel musical teatrale. La sostanza è che Hugh Jackman è davvero irritante: sarà colpa del suo personaggio, o delle canzoni che gli sono state assegnate, fatto sta che senza di lui il film sarebbe stato sicuramente migliore. Peccato che sia il protagonista e che rischi seriamente di vincere pure l’Oscar per aver rovinato il film. Ma anche questo è uno dei poteri magici di Tom Hooper, mago che è saltato fuori dal nulla e ha conquistato tutta la critica di Hollywood, ha stregato i giurati degli Academy e trascinato nei cinema milioni e milioni di spettatori, prima con un ordinario film British in costume e poi con questo ****** lacrimevole e interminabile.
Ma questa volta la colpa non è solo di Hooper, ma anche degli autori che nel '85 scrissero e musicarono questo musical e anche di Victor Hugo, al quale manderò una mail per lamentarmi.



RECENSIONE CRITICA

Ai milioni di spettatori che hanno affollato per decenni il West End londinese e poi Broadway questa fedele trasposizione piacerà molto (pur accontentandosi di performance canore non altezza di quelle teatrali), ai comuni mortali che non hanno mai sentito le canzoni né hanno mai visto il musical questo esercizio di stile pomposo e sovraccarico di pathos risulterà indifferente, se non noioso.

Ma qualche merito il film comunque ce l'ha, a partire dalla cornice, tra sontuose scenografie e costumi appropriati.

A Hooper va riconosciuta l’ottima trovata di far cantare gli attori direttamente sul set, moltiplicando così la portata emotiva delle loro interpretazioni.

Un’altra delle innegabili note del regista è la capacità di dirigere benissimo gli attori, anzi di regalare loro Oscar. Ragione per cui gli attori di Hollywood fanno a gara per essere diretti da lui.

Tutti gli intepreti qui presenti recitanno benissimo e cantano discretamente, anche se a spiccare è Anne Hathaway, che con una manciata di scene regala momenti di grande pathos e ottima recitazione. Probabilmente si porterà a casa l’Oscar come non protagonista, e ciò sarà meritato, considerando anche il percorso artistico compiuto dall’attrice.

Del tutto immeritato sarebbe invece l’Oscar a Hugh Jackman, il cui merito è di aver appesantito un film tutt’altro che leggero.

Nel suo disperato tentativo di lasciare un segno autoriale, Hooper si affanna con l’uso di macchina a mano, controcampi, grandangoli, primi piani che soffocano gli attori e gli spettatori, ma al regista manca ancora molto per riuscirsi a farsi apprezzare anche al di fuori degli eletti dell'Academy.

VOTO: 6

lunedì 4 febbraio 2013

Noi siamo infinito: un film sull'adolescenza praticamente perfetto

NOI SIAMO INFINITO
(The Perks of being a Wallflower)
Stephen Chbosky, 
di  Usa, 2012

Se ti piace guarda anche: Tempesta di ghiaccio, Dawson’s Creek, C.R.A.Z.Y.
con Logan Lerman, Emma Watson, Ezra Miller, Paul Rudd.

DATA DI USCITA ITALIANA: 14 FEBBRAIO
TRAMA:
Charlie è un ragazzo timido, sensibile, gentile, intelligente ma molto solo: non ha nessun amico finché non conosce Patrick e Sam.

RECENSIONE

Uno dei più bei film sull’adolescenza. Personaggi meravigliosamente sfaccettati e interpretati, situazioni e tempi perfetti, grande cura per i dettagli, dalla fotografia alla colonna sonora. E con uno stile registico personale nonostante dietro alla macchina da presa ci sia l’autore stesso del romanzo, lo scrittore, nonché già sceneggiatore Stephen Chbosky, autore di Ragazzo da parete (dalla settimana scorse nelle nostre librerie col titolo Noi siamo infinito), il romanzo di culto che ha dato origine a questo film unico e imperdibile per la sincerità e l’affetto con cui vengono presentati questi personaggi indimenticabili a cui è impossibile non affezionarsi. A partire dal protagonista, così solo e introverso, ma anche gentile e brillante, interpretato da un sorprendente Logan Lerman che fa così dimenticare i panni di Percy Jackson. Anche Emma Watson è bravissima nel farci scordare la sua celebre Hermione con un personaggio di adolescente talmente sfaccettato che è impossibile rimanere indifferenti. E infine c’è Ezra Miller, che interpreta uno dei personaggi gay più belli visti recentemente al cinema.

Chbosky è riuscito a condensare in un lungometraggio ciò che molte serie americane hanno cercato di raccontare in svariate puntate se non addirittura stagioni: misteri che si dipanano man mano, colpi di scena, primi baci, prime delusioni, il delicato passaggio dal liceo al college, rapporti con la famiglia, con i professori, con la fede..e ancora droghe, sesso, rock’n’roll, bullismo, suicidi e abusi sessuali… Per non parlare di citazioni cinematografiche e letterarie, qui riassunte per esigenze di minutaggio nei riuscitissimi siparietti dell’Horror Picture Show, mentre nelle pagine del romanzo trovavano spazio ben più ampie considerazioni su romanzi, canzoni e film di formazione di una generazione, che non è solo quella cresciuta negli anni ’90: Heroes e The Horror Picture show erano degli anni ’70, no?

Un film per tutti. Da non perdere.

VOTO: 8,5

venerdì 1 febbraio 2013

Cloud Atlas: rischioso, ambizioso e Kitsch, ma con un cuore



CLOUD ATLAS

Di Tom Tykwer, Andy e Lana Wachowski

USA, Germania, Singapore, Hong Kong 
Con Tom Hanks, Halle Berry, Jim Sturgess, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Bem Whishaw, James D’Arcy, Doona Bae, Susan Sarandon
http://www.fraschettamania.it/wp-content/uploads/2013/01/cloud-atlas-poster-locandina-film.jpg


Se ti piace guarda anche: V per vendetta, The Fountain-L’albero della vita


TRAMA  E RECENSIONE

In ogni epoca ci sono idealisti, opportunisti, leader senza scrupoli, buoni e cattivi: sono i nostri crimini e le nostre gentilezze a plasmare noi stessi, la nostra vita e quella degli altri.


Questa pare la teoria dietro al film che si dipana in storie e personaggi speculari e complementari sia per tematiche che per giustapposizione visiva ottenuta grazie al montaggio, che è sicuramente il punto di forza di un film talmente ambizioso da risultare a tratti presuntuoso e ridicolo.

Ma è proprio l’ambizione che ha generato le opere più audaci e quindi a Tom Tykwer va riconosciuto il coraggio e la tenacia di aver portato a termine un prodotto di tali proporzioni. Il regista tedesco, oltre che aver diretto le parti migliori del film, è autore della sceneggiatura e compositore delle musiche del film. I Wachowski sono intervenuti per dirigere tre storie: quella ottocentesca, a loro non molto consona, ma alla fine convincente, quella distopica fantascientifica che porta il loro sigillo inconfondibile e infine quella post-apocalittica in cui danno il peggio, trasformando i toni già Kitsch dell’intera opera in qualcosa di puramente trash nei personaggi di Hugh Grant, Hugo Weaving e Susan Sarandon. Ma non si può dire che abbiano rovinato il progetto di Tykwer e anzi, i tre registi sembrano condividere più di un punto su alcune tematiche: una concezione distopica del futuro, la necessità della ribellione armata, l’amore omosessuale come forma d’amore più puro. Era la storia d’amore lesbico di cui Natalie Portman veniva a conoscenza durante la sua detenzione a raggiungere le vette più toccanti di V per vendetta ed è l’amore tra il ricco scienziato di James D’Arcy (Edward e Wallis) e il musicista scapestrato Ben Whishaw (Ritorno a Brideshead) che in Cloud Atlas viene eletto a simbolo dell’amore più puro. Ed è proprio quest’ultimo episodio quello più riuscito, in quanto capace di mescolare una struggente storia d’amore a riflessioni sulla reputazione sociale nonché sul talento artistico. 

La parte degli anni ’70 vorrebbe essere un thriller (con tanto di grillo parlante che spesso ci ricorda quali sono i cliché del genere) ma dopo un avvio promettente si perde in una trama caotica.

Migliore è l’episodio con al centro Jim Broadbent, il migliore degli attori in campo, che ci regala qualche risata e rende il film meno serioso. Cosa di cui non sono in grado di fare i Wachowski che prendono tutto troppo seriamente scadendo spesso nel ridicolo (dalla maschera del Jim Sturgess asiatico al PapaSong dell’episodio coreano fino al terribile segmento sui primitivi del futuro).

Concludendo, si può definire Cloud Atlas un’opera estremamente ambiziosa e rischiosa che più volte inciampa in ingenuità e comicità involontaria, ma che è dotata delle due più importanti componenti del cinema: il cuore e lo spettacolo visivo.

VOTO: 6,5